Av-vo-cà-to
Dal latino advocatus, participio passato di advocare ‘chiamare a sé, chiamare in aiuto’.
Quali sono le ragioni che portano un avvocato, consapevole delle colpe del proprio cliente, a difenderlo?

Partiamo dalla fonte massima delle nostre leggi: la Costituzione. Ai sensi dell’art. 24. la difesa in giudizio è un diritto inviolabile, mentre secondo l’art.27 Cost. l’imputato è presunto innocente, fino alla sentenza definitiva. L’equo e giusto processo è un fondamentale diritto dell’uomo (art. 10 Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art. 6 CEDU, art. 111 Cost.) da cui deriva che chiunque, a prescindere dalla condanna, ha diritto alle garanzie e ai vantaggi che la legge concede.

L’avvocato Penalista pertanto non può, per una propria morale, non difendere i presunti responsabili dei reati anche più gravi. Egli non giustifica né sostiene il comportamento del reo, ma rappresenta la persona, facendo emergere la verità processuale nel rispetto dei principi di giustizia del diritto penale e sfruttando tutti i mezzi per ottenere la sentenza più conforme al diritto.

Il pregiudizio morale non può dunque appartenere all’avvocato, consapevole anche delle colpe del proprio assistito, nell’esercizio della sua funzione sociale.

Nell’articolo su la Repubblica di ieri è stato menzionato il nostro Studio Legale, nella persona dell’Avv. Francesco Piscazzi che, insieme all’Avv. Luca Bruno assiste Saverio Mesecorto, accusato e reo confesso dell’omicidio della 81enne Anna Lucia Lupelli.
Un delitto nato dalla disperazione di una condizione economica precaria, dovuta ad un lavoro malpagato e alla necessità di dover mantenere 4 figli, 2 dei quali minorenni.